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A PROPOSITO DI PARI OPPORTUNITA TRA UOMO E DONNA: LE AZIONI DELLA COMMISSIONE NAZIONALE

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 3/2001, pág. 537

A) Composizione e finalità della Commissione nazionale per le pari opportunità tra uomo e donna. B) Le linee programmatiche della presidenza per l'attività della Commissione per il 2000-2003. 1. Premessa. 2. Donne e lavoro. 3. Le donne giovani. 4. La conciliazione tra lavoro e famiglia. 5. Donne e politica. C) A un anno dall'insediamento...

A) Composizione e finalità della Commissione nazionale per le pari opportunità tra uomo e donna. B) Le linee programmatiche della presidenza per l'attività della Commissione per il 2000-2003. 1. Premessa. 2. Donne e lavoro. 3. Le donne giovani. 4. La conciliazione tra lavoro e famiglia. 5. Donne e politica. C) A un anno dall'insediamento della nuova Commisione. 1. Premessa. 2. La campagna "Pari è di più". 3. La campagna "Donne afgane: il diritto di vivere". 4. La terza edizione di "Codice donna". 5. Commissione e Università. D) Principali pubblicazioni della Commissione.

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ACCESSIBILITA E SERVIZI SOCIO-SANITARI: APPROCCI E PROBLEMI (2.0.2/III)

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 1/1992, pág. 13

1. Accessibilità e qualità del servizio sanitario.ì2. Accessibilità e marketing dei servizi. 3. Accessibilità eìteoria dei sistemi. 4. Conclusioni.


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ALLOGGIO, LAVORA E VITA QUOTIDIANA DI ZINGARI E PROFUGHI A BOLOGNA E FIRENZE.

DIMITRIS ARGIROPOULOS, MAURA DE BERNART

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 3/1998, pág. 531

1. Firenze: l'erosione dei campi nomadi metropolitani.


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APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LOCALE

NICOLINI, DAVIDE

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1993, pág. 277

1. Apprendimento organizzativo e studioìdell'organizzazione. 2. Cos'è l'apprendimento organizzativo.ì3. Come non imparano le organizzazioni. 4. Come favorireìl'apprendimento organizzativo. 5. L'apprendimentoìorganizzativo nella publica amministrazione locale. 6.ìConclusioni.


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ATTORI, RUOLI, PROCESSI E STRUMENTI INFORMATIVI NELLA REGOLAZIONE DELLA QUALITA SOCIALE.

BERTIN, GIOVANNI

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1998, pág. 263

1. Attori del sistema e loro ruolo in un contesto di welfare mix. a) Mercato globale. b) Mercato segmentato. c) Quasi mercato. d) Quasi mercato residuale. e) Quasi mercato complementare. 2. I meccanismi di regolazione: attori, ruoli e processi. 3. La valutazione della qualità come fattore di regolazione del sistema. 4. Bibliografia.


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BILANCIO SOCIALE E ALTRI STRUMENTI DI GOVERNO E COMUNICAZIONE DI RESPONSABILITA PER IMPRESE SOCIALI E ISTITUZIONI

MAINO, GRAZIANO;PUCCI, LAURA;VERGANI, EMILIO

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/2000, pág. 227

1. Ragioni per... 2. Dai laboratori del terzosettore. 3. Nessuna organizzazione è un'isola: rendere contoagli stakeholders. 4. Strumenti. 5. Strumenti per costruirerelazioni tra pubblico e privato (profit e nonprofit). 6.Una costellazione di strumenti.


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BUONE PRASSI DELLE POLITICHE DEL LAVORO: UN SITO DELL'UNIONE EUROPEA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/2001, pág. 181

1. Premessa. 2. Come muoversi all'interno del sito.3. I risultati del "confronto tra pari".


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CASE ATTREZZATE PER ANZIANI: UNA SPERIMENTAZIONE A BOLOGNA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 1/1999, pág. 129

1. Residenze per anziani. a) Un modello francese.b) Un'esperienza italiana.


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CENTRI DI EDUCAZIONE INTERCULTURALE: ALCUNE ESPERIENZE IN ITALIA

BERTOZZI, RITA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1999, pág. 339

1. Ripensare l'educazione in un contestomulticulturale. 2. Aspetti significativi delle recentiriforme scolastiche. 3. La C.M. n. 205 del 26.7.1990. 4.Caratteristiche di alcuni Centri di educazioneinterculturale presenti in Italia. a) Cd/Lei - Centro didocumentazione Laboratorio per un'educazione interculturale(Bologna). b) Plei (Roma)...

1. Ripensare l'educazione in un contestomulticulturale. 2. Aspetti significativi delle recentiriforme scolastiche. 3. La C.M. n. 205 del 26.7.1990. 4.Caratteristiche di alcuni Centri di educazioneinterculturale presenti in Italia. a) Cd/Lei - Centro didocumentazione Laboratorio per un'educazione interculturale(Bologna). b) Plei (Roma) . Progetto-laboratorio dieducazione interculturale, biblioteca multiculturale ecentro di documentazione. c) Ismu - Istitutto per lo studiodella multietnicità (Milano). d) Cidiss - Centroinformazione documentazione inserimento scolastico stranieri(Torino). e) Centro di documentazione "citta di Arezzo". f)Il Centro "Tante tinte" (Verona).

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CITTA SOSTENIBILI DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI: APPLICAZIONE DEL PROGETTO MINISTERIALE

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1999, pág. 357

1. Il Riconoscimento "Città sostenibili dellebambine e dei bambini: criteri ed indicatori del decretoistitutivo. 2. Scheda di sintesi. 3. Le esperienze di MilanoTorino e Pistoia.


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CITTA SOSTENIBILI DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI: ORIENTAMENTI MINISTERIALI

SABATINO, MARIA LETIZIA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1999, pág. 353

1. Introduzione. 2. Il "perché" del progetto "Cittàsostenibili delle bambine e dei bambini". 3. Gli scopiprincipali.



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COMUNICARE DAL CARCERE: GIORNALI E INTERNET

FRANZINI, LUISA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 3/2002, pág. 399

1. Premessa. 2. Il binomio Internet-carcere. 3. La realtà italiana. 4. Conclusioni.



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CONOSCERE I PICCOLI COMUNI PROMUOVERE IL TERRITORIO.

PIERO, LUISI

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 3/1998, pág. 361

1. Introduzione. 2. La metodologia di analisi quantitativa. 3. Le tipologie territoriali e vocazionali dei piccoli comuni. a) Cresce l'autonomia finanziaria.



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CONVENZIONI TRA ENTI PUBBLICI E PRIVATI PER L'EROGAZIONE DI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1992, pág. 227

Premessa. 1. La natura giuridica della convenzione.ì2. Le finalità della Pubblica Amministrazione. 3. La sceltaìdello strumento. 4. La scelta dei soggetti fornitori. 5.ìPrestazioni e struttura delle remunerazioni. 6. Laìconvenzione come processo.


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CREAZIONE DI NUOVO LAVORO E LOTTA ALL'ESCLUSIONE SOCIALE NEL TERZO SETTORE

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 1/1999, pág. 61

1. Il ruolo del Terzo settore nella creazione dinuovo lavoro e nella lotta all'esclusione sociale. a)Inquadramento teorico. b) Obiettivi conoscitivi. c)Definizione operativa adottata nell'indagine. d) I risultatidella ricerca: l'impresa sociale come motore per lo sviluppodell'occupazione. e) Verso una politica per lo sviluppodell'occupazione...

1. Il ruolo del Terzo settore nella creazione dinuovo lavoro e nella lotta all'esclusione sociale. a)Inquadramento teorico. b) Obiettivi conoscitivi. c)Definizione operativa adottata nell'indagine. d) I risultatidella ricerca: l'impresa sociale come motore per lo sviluppodell'occupazione. e) Verso una politica per lo sviluppodell'occupazione nel Terzo settore?.

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DALLA PROGRAMMAZIONE EUROPEA ALLO SVILUPPO LOCALE: L'ATTUAZIONE DI EQUAL IN LOMBARDIA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 3/2003, pág. 371

1. Premessa. 2. Il contesto di riferimento. 3. Gli attori coinvolti e il loro ruolo. 4. Regioni e nuovo modello di governance. 5. Le fasi del processo e lo stato di attuazione. 6. Gli obietivi regionali. 7. I principali elementi di innovazione. 8. Le nuove modalità di lavoro utilizzate. 9. I risultati conseguiti e da conseguire. 10....

1. Premessa. 2. Il contesto di riferimento. 3. Gli attori coinvolti e il loro ruolo. 4. Regioni e nuovo modello di governance. 5. Le fasi del processo e lo stato di attuazione. 6. Gli obietivi regionali. 7. I principali elementi di innovazione. 8. Le nuove modalità di lavoro utilizzate. 9. I risultati conseguiti e da conseguire. 10. Il valore generato per i cittadini e/o le imprese. 11. Considerazioni conclusive.

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DIRETTIVA SU FORMAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL PERSONALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA E;PER IL COORDINAMENTO DEI SERVIZI DI;INFORMAZIONE E SICUREZZA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/2002, pág. 351

A) Direttiva sulla formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni. 1. Premessa. 2. Obiettivi. 3. La formazione per le Pubbliche amministrazioni. 4. Responsabilità della gestione. 5. Principi guida per la qualità. 6. Le nuove metodologie. 7. Ruolo del dipartimento della funzione pubblica e delle strutture...

A) Direttiva sulla formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni. 1. Premessa. 2. Obiettivi. 3. La formazione per le Pubbliche amministrazioni. 4. Responsabilità della gestione. 5. Principi guida per la qualità. 6. Le nuove metodologie. 7. Ruolo del dipartimento della funzione pubblica e delle strutture di formazione delle amministrazioni. 8. Il ruolo degli uffici del personale, dell'organizzazione e della formazione. 9. Programmazione della formazione. 10. Indirizzi. 11. Formazione internazionale. 12. Dirigenza. 13. Università. 14. Risorse. 15. Strumenti. B) Protocollo d'intesa "qualità dei servizi formativi delle scuole nazionali di formazione della pubblica amministrazione" (Roma, 24 aprile 2002).

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DOPO LA LEGGE N.142/1990: NUOVE FORME DI PARTECIPAZIONE E DI GESTIONE NEL SETTORE DEI SERVIZI SOCIALI (1.O.1/I)

FOGLIETTA, FOSCO

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 1/1992, pág. 1

1. Le partecipazione. 2. Le forme di gestione deiìservizi in rapporto alle loro caratteristiche tecniche eìorganizzative. 3. Come inserire questo approccioìmetodologico, multivariabile di valutazione del rapportoìservizi-forme di gestione negli statuti o nei regolamenti.ì4. Come garantire la peculiare "partecipazione" delleìorganizzazioni...

1. Le partecipazione. 2. Le forme di gestione deiìservizi in rapporto alle loro caratteristiche tecniche eìorganizzative. 3. Come inserire questo approccioìmetodologico, multivariabile di valutazione del rapportoìservizi-forme di gestione negli statuti o nei regolamenti.ì4. Come garantire la peculiare "partecipazione" delleìorganizzazioni del volontariato e delle associazioni ...

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EDUCAZIONE AMBIENTALE E TRASFORMAZIONE SOCIALE. RIFLESSIONI GENERALI ED ESPERIENZE SIGNIFICATIVE SUL TERRITORIO

GIOVAGNOLI, MARCO

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 2/1999, pág. 219

1. Perché "educare" all'ambiente. 2. Che cosa siintende per Educazione ambientale. 3. Lineamenti normativinazionali del l'Ea ed alcune esperienze europee. 4. La"messa in opera" dell'Ea. 5. Le esperienze regionaliitaliane. 6. Riflessioni conclusive.


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ERGONOMIA E AMBIENTI DI VITA E LAVORO

CENNI, PAOLA

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 1/2001, pág. 139

1. Premessa. 2. Il percoso storico. 3. Ergonomia e626. 4. Dagli uomini che fanno agli uomini che controllano.5. L'ergonomia cognitiva e la qualità del software.


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FONDAZIONI E SERVIZI ALLA PERSONA: UN DIBATTITO APERTO.

FLAVIA FRANZONI.

AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI, n.º 1/2003, pág. 67 a 83

I INTRODUZIONE. II.FONDAZIONI:RIGORE GIURIDICO E CAUTELE. III UNA INTERPRETAZIONE ECONOMICA DELLE FONDAZIONI. IV. LE FONDAZIONI IN UN WELFARE UNIVERSALISTICO. V. FONDAZIONI IN SANITA. VI. FONDAZIONI IN EUROPA. VII LE FONDAZIONI NEI MODELLI DI WELFARE. VIII. UN IMPEGNO PER UNA MAGGIORE CHIAREZZA.


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